Il pensiero comune è quello di credere che il cervello lavori a compartimenti stagno e che ogni zona lavori indipendentemente dall’altra. In realtà le funzioni cerebrali sono molto più complesse e interconnesse ed è sempre più chiaro, il legame fra sensi e cognitività. In definitiva ciò che udiamo, odoriamo, vediamo, non attiva solamente aree localizzate ma si espande in tutto il cervello, contribuendo inoltre a mantenerlo attivo.
Il rapporto “Il cervello in ascolto – Lo stretto intreccio fra udito e abilità cognitive” appena diffuso, da un gruppo di esperti internazionali, l’assenza di una corretta stimolazione sensoriale, può causare un vero e proprio “inceppamento” del cervello. Potremmo affermare che esiste un circolo vizioso a due direzioni che unisce la diminuzione dell’udito e il declino cognitivo.
I dati evidenziano infatti che non sentire più bene, aumenta di ben tre volte il rischio di deficit cognitivi, ma non solo. Anche che in tre casi di demenza su quattro è presente un calo dell’udito.
A tal proposito ha sottolineato Andrea Peracino della Fondazione Lorenzini di Milano – Houston, che ha partecipato alla stesura del documento: «Gli stimoli uditivi attivano molte aree cerebrali: una parola “accende” non solo le aree dove viene sentita ma anche quelle dove è compresa. Se ascolto dire “mamma” questo suscita ricordi, sensazioni e il cervello di conseguenza viene attivato al di là delle aree uditive; è però vero anche il contrario, ovvero che i processi cognitivi incidono sul modo in cui le persone sentono».